Cronaca
22 Settembre 2023
La lotta del marito contro il ripetersi di casi del genere. Depositata anche azione civile contro il Sant'Anna

“Morta dopo 34 mesi di atroci sofferenze per un’asportazione sbagliata del tumore”

di Redazione | 3 min

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(immagine d’archivio)

Morì 34 mesi dopo l’operazione, “tra atroci sofferenze”, a causa della progressione di un sarcoma uterino. Era il 20 luglio 2021 quando Mario Fornasari, decano dei giornalisti ferraresi ed ex direttore del “Carlino” locale, vide spegnersi la moglie, Elisabetta Marcigliano.

Si presentò il 15 agosto 2018 all’accettazione ostetrico-ginecologica d’urgenza di Cona accusando dolori addominali persistenti da due giorni. Viene dimessa due giorni dopo. Con sé la prenotazione per un intervento di isterectomia d’urgenza, al quale si sottoporrà il successivo 6 settembre.

Il referto istologico era atteso un mese dopo, ma le verrà consegnato solo il 31 ottobre. La diagnosi parla di sarcoma uterino al primo stadio.

Le vengono prescritti dei cicli di chemioterapia, al termine dei quali viene eseguita, il 4 maggio 2019, una tac al torace che evidenzia “una ripresa ed una grave diffusione della malattia. Le viene consigliato un nuovo ciclo di chemioterapia, al quale la paziente risponde in modo nefasto: perde coscienza e cade a terra.

La donna si farà operare nell’agosto 2020, questa volta presso il Policlinico Federico II di Napoli per un “residuo macroscopico di malattia” e l’esame istologico descrive “una recidiva di sarcoma connotato da un alto grado di replicazione (80%)”.

Nonostante il secondo intervento le condizioni di Elisabetta Marcigliano continuavano progressivamente e rapidamente a peggiorare, tanto da rendere nel frattempo necessaria anche l’attivazione di un’assistenza domiciliare fino alla fine.

Per quei fatti il marito, assistito dall’avvocato Alessandra Palma, ha presentato lo scorso aprile denuncia penale per omicidio colposo nei confronti del professore universitario alla guida dell’equipe chirurgica che operò la moglie.

E punta il dito contro quella che vengono considerate dalla parte offesa “le gravi condotte colpose dei sanitari che l’hanno avuta in cura nel primo e nel secondo ricovero presso l’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara”.

Alla querela sono allegate consulenze tecniche firmate dal medico legale Chiara Riviello, dal consulente oncologico Luciano Isa e dal consulente chirurgico Giorgio Scagliarini. Secondo le loro conclusioni sin dal momento del primo ricovero della paziente erano presenti diversi fattori che dovevano indurre ad un forte sospetto clinico di patologia tumorale uterina.

A questo si aggiunge il fatto che non venne eseguita subito una biopsia, che il referto tardo ad arrivare e, soprattutto, che l’operazione fu eseguita “contrariamente alle linee guida” utilizzando la tecnica della morcellazione, ovvero della riduzione dei tessuti frammentandoli. “Tale procedura – annota il consulente – veniva effettuata, peraltro, senza ausilio di endobag (ovverosia di una sorta di sacchetto che racchiude il pezzo operatorio e all’interno del quale viene effettuata la morcellazione). A tale tecnica chirurgica, tuttavia, si accompagna, come ormai da alcuni anni riportato nella letteratura scientifica, l’elevato rischio di disseminazione delle cellule maligne nell’addome determinando una rapida (e, purtroppo, sovente inesorabile) progressione della malattia con fattore prognostico peggiorativo”.

E, infatti, “Elisabetta scomparve 34 mesi dopo, tra atroci sofferenze” ricorda il marito: “se avessero ammesso subito l’errore, avremmo potuto quantomeno tentare rimedi come un lavaggio chemioterapico, ad esempio, o comunque cure avanzate e medicina di precisione, praticata in altre strutture. Non è stato così, Elisabetta ha subito un calvario di inaudita sofferenza e una morte terribile”.

“Elisabetta – continua il ricordo – era una donna intelligente e sensibile, fu tra i coordinatori di iniziative di solidarietà con le popolazioni colpite dal terremoto del 2016 e di manifestazioni in cui il canto corale diveniva una occasione di incontro tra le diverse religioni. Con il suo coro di San Gregorio Magno fu tra i fondatori di Ferrara shalom ensemble”.

Parallelamente alla causa penale, Fornasari sta potando avanti anche una azione civile. Ieri è stata celebrata la seconda udienza del ricorso contro l’azienda ospedaliera. IN questa fase è assistito dal professor Carlo Berti, docente di diritto all’università di Bologna, e dall’avvocato Giulia Caruso.

“Andrò fino all’ultimo livello di giudizio – è la promessa di Fornasari -, se sarà necessario e la salute mi sorreggerà”.

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