Eventi e cultura
18 Settembre 2019
Il 27 settembre l'inaugurazione della mostra fotografica di Vittorio Colamussi nello spazio espositivo La stanza di Lucrezia

Le immagini di uomini senza terra

di Redazione | 3 min

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“Landless Men – Uomini senza terra”. È questo il nome del progetto fotografico dell’artista ferrarese Vittorio Colamussi, che verrà inaugurato il 27 settembre nello spazio espositivo La stanza di Lucrezia di via Saraceno.

L’esposizione curata in collaborazione con l’associazione La Stanza di Lucrezia e l’associazione culturale White Paper Art, sarà visibile, nelle date del 27, 28, 29 settembre e il 4, 5, 6 ottobre, durante il Festival Internazionale di Ferrara, giunto alla sua 18° edizione.

Vittorio Colamussi con Landless Men- Uomini senza terra, pone l’attenzione non solo sul fenomeno dell’immigrazione degli ultimi quindici anni, ma al concetto più allargato della storia dei popoli che, da sempre sono migrati alla ricerca di un loro luogo, di una loro terra. Un fenomeno antropologico traversale che da secoli appartiene alla storia dell’Umanità.  La riflessione di Colamussi, si sposta dunque sulla “non appartenenza” ad alcun territorio, e non solo sulla tematiche immigratorie odierne, argomenti fortemente dibattuto e fonte di polemiche e discriminazioni politiche, sociali e religiose.

Colamussi punta a darci una visione sull’individuo: i suo scatti vogliono fermare con consapevolezza l’uomo in quanto tale, alla singola persona e a ciò che porta con sé nel cuore e nella mente, non spingendosi ad altro che riconoscere e far conoscere la cultura che gli appartiene, come bagaglio di ognuno di noi, sviluppato in rapporto al luogo di nascita ed ad una propria soggettività e unicità.

Scevro dunque da qualsiasi posizione di parte, racconta la singolarità dell’essere umano fotografato, e lo fa ponendo l’accento su un gesto, una espressione, uno scritto o un detto nella loro lingua, del territorio in cui sono nati e da cui sono scappati, a ciò che gli è stato strappato, in cerca di una nuova patria.

Nei centri di accoglienza di fatto si incontrano persone provenienti da paesi del sud del mondo con lingue ed usi tra loro diversissimi, che provvisoriamente vivono in una sorta di “non ha identità”. Un limbo, in attesa di un luogo in cui riprendere a vivere.

È proprio con quel taglio di umanità che Colamussi immortala i suoi uomini e le sue donne. Le stesse parole di Colamussi ci palesano il suo obbiettivo: “Nel caos dell’informazione di massa i migranti rimangono sullo sfondo, comparse, se ne parla senza in realtà conoscerli quasi che mantenere questa distanza possa renderli meno umani e quindi giustificare nel migliore dei casi la nostra indifferenza”.

Le immagini di Vittorio Colamussi non sono elaborate in fase di post produzione, sono scatti immediati, che accolgono la casualità, che palesa dietro la decisione di immortale quello e solo quel momento. La peculiarità, durante la fase di ripresa è quella di sovrapporre l’immagine del migrante alla pagina da lui scritta, senza altre mediazioni postume (doppia esposizione). La traduzione del testo, riportata in didascalia, ne permette poi la comprensione. Cerca un modo per avvicinarsi a questi uomini per tradurre in modo visivo ciò che sono, le loro paure, le loro speranze, i loro dolori e gioie.

In mostra sono stati selezionati una ventina di fotografie che sono solo una parte, seppur significativa, del progetto che ha sviluppato. Le foto sono state realizzate tra il 2016 ed il 2017 in diverse realtà di accoglienza tra cui quelle della Cooperativa Sociale Camelot – Officine Cooperative a Bologna e a Ferrara, della Cooperativa Sociale Porto Alegre di Rovigo e della Caritas Diocesana di Ferrara e Comacchio.

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