Attualità
30 Settembre 2021
“Fuori dagli schermi”, gli studenti di Unife scendono in piazza

Gli universitari contro “una didattica alienante”

di Redazione | 2 min

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L’università dovrebbe garantire a tutti gli allievi un percorso formativo pregevole, permettendo loro di arricchire il bagaglio personale da tutti i punti di vista”. Ieri pomeriggio, presso piazza Trento-Trieste, gli studenti dell’Università degli Studi di Ferrara, sono scesi in campo per rivendicare i loro diritti.

Fuori dagli schermi”, questo lo slogan portato in piazza da decine di ragazzi e ragazze che hanno espresso il loro dissenso nei confronti di “una didattica universitaria a dir poco critica ed alienante”.

Non stiamo parlando – ha argomentato Valeria, membro di Link Ferrara – di semplice denaro, bensì di persone, di teste pensanti, il cui diritto ad accedere ad un’istruzione di alto livello è sancito dall’articolo 34 della Costituzione. Non vogliamo continuare ad essere presi in giro. Basterebbe poco per aiutarci, basterebbe ascoltarci”.

Sono stati toccati, intervento dopo intervento, diversi temi, dalla precarietà degli spazi universitari sino alla didattica a distanza; quest’ultimo sentito in modo particolarmente profondo dai ragazzi.

Martina Greco, rappresentate della Consulta Regionale Emilia-Romagna, ha rivendicato a gran voce un ritorno alla quotidianità pre-Covid: “Siamo studenti e studentesse di corsi di studi con numeri esorbitanti; abbiamo visto toglierci la possibilità di studiare poiché non abbiano un reale luogo in cui fare lezione; nessuno si è preoccupato di tutto ciò. Desideriamo un ritorno nelle aule il più presto possibile”.

Le associazioni studentesche, tra cui Udu Ferrara, Student Office Ferrara, Organismi Modello e Link Ferrara, nel corso della manifestazione, hanno richiesto una linea programmatica volta ad un graduale ritorno alla normalità, degli spazi universitari in cui sia possibile vivere a pieno l’esperienza accademica e fondi per investire sul futuro studentesco.

Cristiano Parenti, presidente dell’Associazione Student Office, ha dichiarato apertamente il proprio disaccordo nei riguardi delle decisioni accademiche: “Se il primo scopo dell’Università fosse la sola sicurezza dello studente, come è stato in questo ultimo anno, allora basterebbe un solo contagio e l’Università avrebbe fallito la propria missione. Ma io vedo in ciò che faccio, trovo in ciò che studio, nel bene di cui sono testimone all’interno dell’Università, un valore educativo più grande del rischio di un contagio, per il quale pure bisogna portare un enorme rispetto. Io ho bisogno di poter tornare in aula, non perché è un mio diritto, ma perché senza questo alla mia vita manca una parte di esperienza che le dà forma e che, permettetemi di dire, in un certo senso la salva”.

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